Kali Katawan Sa Katawan

La Storia

Le arti marziali indonesiane, delle quali il Kali-Arnis-Escrima è la più conosciuta, hanno le loro radici nel Kun Tao e nel Silat. Il Kun Tao (letteralmente la via del pugno) non è altro che una delle evoluzioni che ha avuto il Ch’uan Fa (conosciuto in occidente ed a Hong Kong con il termine Kung fu e nella Cina moderna come Wu-shu), mentre il Silat deriva dai movimenti adottati dalle arti marziali della penisola indiana e della popolazione araba che si insediò in Indonesia verso il XIII secolo.

In realtà, gli innumerevoli stili delle arti marziali filippine hanno assorbito tecniche e schemi motori da qualsiasi arte marziale portata dai vari conquistatori delle Filippine che si sono succeduti nel corso della storia: indiani, arabi, spagnoli (con accompagnamento di portoghesi ed italiani), americani, giapponesi.

L’influenza di altre arti marziali asiatiche sul modo di proporsi sul mercato ha portato a un’enfatizzazione del trapping, del controllo e del disarmo, focalizzandosi sull’aspetto dell’autodifesa. D’altra parte, il Kali non si è evoluto in senso sportivo come altre arti marziali (soprattutto giapponesi e cinesi), mantenendo una certa impronta guerriera, dovuta alla sua origine (l’uso delle armi ne è insieme la causa e la diretta conseguenza).

La particolarità che più colpisce del Kali è che si comincia lo studio dell’arte marziale imparando subito ad usare le armi. Successivamente si passa al combattimento a mani nude applicando le tecniche, le famiglie di movimento e le tattiche di combattimento apprese con le armi.

Questa particolarità delle arti marziali filippine, è giustificata dal fatto che, per imparare il combattimento a mani nude, si usano gli stessi esercizi del combattimento armato, ponendo nella memoria fisica il fulcro di tutto l’addestramento. Secondo i maestri filippini, avere la disponibilità di un’arma pone in vantaggio durante un combattimento, inoltre, durante l’apprendimento dei movimenti e delle tecniche, utilizzare un’arma focalizza l’attenzione e velocizza i movimenti: doti che diventano utili anche nello scontro disarmato e indispensabili in caso si fronteggiasse a mano nuda un avversario armato.

L’arma più comunemente utilizzata per cominciare l’apprendimento del Kali è il bastone in rattan (chiamato “olisi”, “yantok” o “baton” o “baston” a seconda dello stile), lungo all’incirca quanto il braccio del praticante, con una lunghezza che può variare dai 45 ai 70 cm.

Il primo concetto tecnico su cui si fonda il Kali è utilizzare gli stessi movimenti usati per il maneggio di un’arma anche per il maneggio di armi diverse e per effettuare tecniche a mano nuda. Infatti, osservando attentamente le dimostrazioni tecniche di vari maestri ed istruttori di Escrima, si vede la quasi identica esecuzione della stessa tecnica, sia eseguita con un bastone che a mano nuda: vi sono solo piccoli aggiustamenti per adeguarsi a distanze di combattimento diverse e per sfruttare al meglio le differenti potenzialità offerte dalla mano prensile rispetto all’arma inerte.

Altro concetto tipico del Kali, che si differenzia da altre arti marziali e che si ritrova solo nella scherma (e parzialmente nel Wing Chun), è la “numerazione degli angoli”: gli attacchi vengono portati seguendo particolari traiettorie che comunque rientrano in “zone” che delimitano la figura umana del bersaglio.

A prescindere dal tipo di colpo (di punta o di taglio, ascendente o discendente…), ogni attacco rientrerà in una delle quattro zone delimitate dalla linea verticale e da quella orizzontale. Conseguentemente, i filippini hanno creato un sistema di numerazione che identifica queste zone e l’allievo che impara le difese dai vari attacchi, impara anche a gestire allo stesso modo qualsiasi tipo di colpo portato in una determinata zona.

Un’ulteriore differenza che esiste tra arti marziali di origine sino-giapponese e il Kali, è quella costituita dall’enfasi con la quale si predilige l’insegnamento delle tecniche tramite l’esecuzione di “routine” assieme ad un compagno, composte da esercizi ciclici, costituiti a loro volta dalla successione delle varie tecniche fino a quel momento imparate e da ulteriori esercizi che spingono l’allievo a sperimentare tecniche aggiuntive e variazioni, da applicare su uno schema ciclico fisso al fine di imparare ad adeguarsi alle mutevoli condizioni di un combattimento, aumentando la propria sensibilità e la capacità di applicare tecniche d’opportunità.

Nonostante il Kali sia conosciuto soprattutto per l’uso delle armi (soprattutto armi bianche da taglio e da percussione), in quest’arte esiste anche un vasto repertorio tecnico nel campo del combattimento a mano nuda che copre sia lo scontro tra opponenti disarmati, sia la difesa disarmata da attacco armato, rendendolo uno dei sistemi di combattimento più completi nell’ambito delle arti marziali. Tale bagaglio tecnico si compone di tre aspetti.

Il primo è conosciuto come Panantukan e riguarda l’arte di colpire e difendersi utilizzando gli arti superiori: pugni, colpi di gomito, di avambraccio o con la mano aperta sono l’arsenale di tecniche utilizzate in quella che in occidente è chiamata anche “Boxe filippina”. Oltre ai colpi, sono ovviamente previste anche tutte le tecniche difensive, quali le parate (composte da deviazioni, blocchi, opposizioni e assorbimenti) e le posture del corpo e delle braccia atte a consentire un attacco rimanendo protetti da eventuali reazioni dell’avversario. Anche a mano nuda vengono utilizzati movimenti ed approcci tattici derivati dalle tecniche studiate con l’impiego delle armi come, ad esempio, il movimento sinawalli (che deriva dall’utilizzo di due armi di uguale lunghezza, una per mano) o il gunting (che prevede, in fase difensiva, la distruzione dell’arto avversario, armato o meno, che sta portando l’attacco), nonché gli “spostamenti sul triangolo”.

ll secondo aspetto riguarda i modi di colpire con gli arti inferiori e viene chiamato Sikaran, contemplando

l’uso di calci e colpi di ginocchio.

L’ultimo aspetto è il cosiddetto Dumog che comprende genericamente la lotta, ovvero le tecniche di controllo, di sbilanciamento, di proiezione e soprattutto le leve, le quali rivestono una particolare importanza in questa arte marziale per il loro utilizzo anche nelle tecniche di disarmo.

I Maestri e gli Istruttori AMSES

ALLENATI CON NOI!

VIENI A CONOSCERCI

MAESTRI E ISTRUTTORI AMSES

SCOPRI DI PIU'

I nostri Maestri e Allievi - 2022

Kali Story